Ed ecco, è giunta l’ultima notte della mia vita. Una strana
vita non c’è che dire. Fra guerre e scorrerie pensavo di lasciarci la pelle da
giovane. Non avrei mai immaginato che la mia morte sarebbe giunta proprio dopo
aver deciso di abbandonare le armi per coltivale la terra. Mai avrei pensato di
trovare una donna come lei, una donna che placasse la mia voglia di sangue, una
donna che mi facesse cambiare a tal punto da lasciare tutto e spaccarmi la schiena
in un campo, solo per guadagnare quel poco che bastava per vivere. Il lusso del vino e delle compagnie lascive e
peccaminose aveva accompagnato la mia gioventù, ogni testa mozzata era un
calice di dolce liquore, ogni ventre squarciato una notte di sesso. Ma per quegli occhi io avrei fatto di tutto,
scavare la terra con le mani o conquistare un castello, tutto per vedere come
si illuminavano di gioia. Riuscivano a trasformare un mondo di sangue e caos in
una calda giornata di primavera. Ero diventato romantico di certo, dopo averla
conosciuta era stato il primo cambiamento importante.
Ora mi
ritrovo solo però, in una squallida cella. Potrei provare a scappare forse.
Meglio
morire però è meglio così.
Morte, sorella mia. Quante volte ti ho vista
riflessa in occhi altrui. Questa volta sarò io a correrti incontro.
Mi giro
sentendo la porta di quercia aprirsi. E’
talmente spessa e pesante che anche la nerboruta guardia fatica ad aprirla.
Il frate che
entra è un ometto piccolo e insignificante. Mi guarda allegro, come se vedesse
un bimbo pronto al battesimo.
<<Allora
figliolo, sono qui per te. Vorresti raccomandare l’anima a Dio prima di
morire?>> non la smette di ridere. Non mi dà fastidio ma neanche lo gradisco.
<<Ho
già fatto questo discorso anni fa. Credo poi che la mia anima abbia già la sua
destinazione, meglio non disturbare Dio, avrà altro da fare.>> Ricordo il
giorno in cui un prete mi sputò in faccia dopo che dissi una cosa simile, gli
avevo mozzato la lingua due anni dopo.
<<Come
vuoi tu ragazzo.>> Non sembra infastidito dalle mie parole. Bene almeno
non perderò la pazienza.
<<Dicci
almeno dov'è lei? Forse il duca sarà riconoscente grazie a questo, se lei torna
da suo figlio di sicuro ti concederà la grazia…>>
Lo guardo un
secondo, che strano sembra che dopo tutto non riescono a capire che lei non
appartiene a nessuno. Mi alzo lentamente e mi avvicino al suo orecchio. Lui non
arretra, forse pensa che gli stia per dire dove si trova.
<<Di
al diavolo che sto arrivando e voglio tanti dannati da punzecchiare, come
demone io sono una garanzia.>> Gli afferro la testa e gli spezzo l’osso
del collo prima ancora che possa urlare. Cade a terra morto.
La guardia
mi osserva spaventato. E’ il doppio di me, e si affretta a chiudere la porta
prima ancora che io faccia un passo in avanti. Non voglio scappare però, so
perfettamente che non posso uscire indenne dal castello. E trovarla sarebbe
impossibile ormai.
E’ l’alba.
Il cadavere del frate è ancora a terra quando 4 guardie entrano. Due reggono
delle catene, altre due mi puntano delle lance. E vedo che ci sono anche altre
fuori con delle balestre già puntate contro di me.
Quanto la fate lunga. Potete anche uccidermi
ora senza tutte queste cerimonie ammasso di idioti.
Mi
incatenano e mi trascinano fuori. Stanno sempre un poi lontani da me,
nonostante le catene mi blocchino molti movimenti.
Una volta
uscito vedo il sole, il minuscolo spiraglio che entrava dalla piccola fessura
sopra la cella mi aveva fatto capire che era una bella giornata, e a vederla lo
era davvero. Il sole alto le nuvole in cielo erano bianche e il cielo azzurro e
limpido. E’ tutto così bello e pacifico.
Lei mi fa apprezzare cose come queste.
E’ vero.
Dopo averla conosciuta anche le giornate come quelle erano sufficienti a
rendermi felice. E lo sono. Sorrido mentre salgo i gradini del patibolo.
Guardo in
alto e vedo la corda.
Sono deluso,
pensavo mi decapitassero. Morire per una lama mi sembrava più appropriato.
Non mi sono
accorto della folla che si trovava in piazza. Il cielo e il ricordo del suo
viso mi distraevano sempre. Oggi non era diverso.
Guardo la
gente mentre il boia mi infila il cappio. Le mani vengono sciolte dalle catene
ma subito le legano alle mie spalle.
Non mi
mettono nessun cappuccio. Evidentemente vogliono che si veda il mio volto
straziato dal dolore e dalla paura. Il mostro che ha ucciso sedici persone a palazzo
doveva subire questa fine.
Scruto i
visi di tutti. C’è chi è esaltato, chi spaventato, chi desideroso. Ognuno si
aspetta qualcosa di diverso dalla mia fine.
La vedo!
I suoi occhi
sono lì, sotto un cappuccio nero. Mi guarda in lacrime. Dio mio se è bella. Dio
mio se posso morire cosi, guardandola. Spero che scappi dopo, ma ora è li.
<<SORRIDI
PER ME!>> Le mie ultime parole prima che la botola si apra.
Lo ha fatto.
Sono morto
felice.